7 - Memoriale della ricostruzione della chiesa di San Leonardo, in agro di Tempio Pausania (25-05-1930).
Memoriale scritto dal Canonico Francesco Doranti nel quale si narrano le vicende riguardanti la ricostruzione della chiesa campestre di San Leonardo, in agro di Tempio Pausania (OT), sita tra le zone note come "San Leonardo", "Parapinta" e "Manzoni". La chiesa, oggi nota come San Leonardo e ricostruita in seguito alla promessa fatta da diversi reduci tempiesi della I Guerra Mondiale, venne inaugurata il 25 Maggio 1930 con solenne processione e dedicata alla Madonna della Pace, a San Leonardo e San Martino.
Si riporta la trascrizione:
- Nel nome della Santissima Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo
- Nel nome della Santissima Immacolata, Vergine, Madre di Dio, e Regina di Pace
- Nel nome di S. Leonardo di Limonges
- Nel nome di S. Martino, Vescovo di Tours
si scrive questa memoria,
da conservarsi nell'Archivio Capitolare a perenne ricordo di quanto siamo per narrare.
Oggi - 25 maggio 1930 – (venticinque maggio millenovecentotrenta) - domenica quinta dopo Pasqua - è stata fatta l'inaugurazione solenne della chiesa campestre, posta in regione, oggi detta di “San Leonardo”, tra, “Manzoni” e “Parapinta” e dedicata alla “Madonna della Pace” e a “San Leonardo” e a “San Martino”.
La chiesa è sorta sui ruderi di un'altra chiesa, già dedicata a San Leonardo, e diroccata da tempo immemorabile - da non meno di un secolo - poiché da una ventina d’anni le persone più attempate e di Tempio affermavano di averla conosciuta così in abbandono fino dalla loro infanzia.
Sul frontone della porta laterale è segnata a scalpello la data di costruzione della prima chiesa 1759, la quale aveva solo due porte laterali, e precisamente una che attualmente esiste, l'altra che è stata murata, di fronte, nella parete opposta; e l'altare dove attualmente si trova la porta principale di ingresso. Pare che la chiesetta antica disponesse attorno di un largo tratto libero di terreno, che oggi invece è di proprietà privata, tanto che il muro dell'adiacente vigna tocca la parete stessa della chiesa dalla parte di levante, ossia dalla parte dell'altare.
Come è risorta la chiesa
Verso il 20 aprile 1918 (venti aprile millenovecentodiciotto) si trovarono a Livorno concentrati alcune migliaia di soldati sardi, convenuti da ogni parte del fronte di guerra, in attesa della partenza del Piroscafo =Tradotta= che doveva portarli in Sardegna in licenza. Perché, in seguito al siluramento del postale =Tripoli= che faceva servizio Golfo-Aranci e Civitavecchia e viceversa (ora Terranova e Civitavecchia e viceversa) e fungeva anche da “Tradotta”, in cui perirono molti soldati, e che era avvenuto un mese avanti, i trasporti di militari venivano effettuati sulla linea Livorno Golfo-Aranci, o Terranova. Si partiva di giorno da Livorno, scortati da torpediniere e da idrovolanti, o dirigibili, si navigava lungo la costa toscana, indi si puntava sull'Isola d'Elba, ove la “Tradotta”, sostava la notte (quando si partita da Livorno nel pomeriggio). Poi si riprendeva la navigazione e si puntava verso Bastia (in Corsica); si proseguiva ancora costeggiando la Corsica, si passavano le Bocche di Bonifacio e si approdava a Golfo Aranci, o a Terranova.
A Livorno la partenza non aveva, né poteva avere data fissa, perché sempre c'era pericolo di insidie di sottomarini nemici.
Tra le migliaia di soldati sardi –dunque- che si trovavano a Livorno, e ogni giorno andavano aumentando, vi era un discreto numero di soldati tempiesi, con qualche ufficiale pure di Tempio. Essi, nell'ozio forzato dell’attesa, si riunivano spesso a discorrere. Tra quelle conversazioni lunghe, qualcuno disse <<Appena arriviamo a Tempio organizziamo un pellegrinaggio alla chiesa campestre di Santa Lucia, dove faremo celebrare la Santissima Messa>>. E un altro aggiunse <<Se Dio ci concede la grazia di farci ritornare vivi e sani dal flagello, a guerra finita, noi promettiamo di adoperarci per riattare la chiesetta diroccata, detta di San Leonardo>>. Il consenso fu unanime ed entusiastico.
I nomi di quei soldati
Salvatore Multineddu – Tenente mitragliere
Canonico Teologo Francesco Doranti - Tenente Cappellano del 234° reggimento fanteria
Andrea Pintus - artigliere
Domenico Sechi (noto Ciudeddu) - artigliere
Salvatore Sechi - artigliere
Domenico Sechi (noto Coddu) – soldato del genio
Domenico Niuzoli - soldato di fanteria
Salvatore Griudi - soldato di fanteria
Pancrazio Quidacciolu - soldato di fanteria
Leonardo Diana - soldato di fanteria ecc. ecc. ecc.
Essi poterono imbarcare il 22 aprile sull'imbrunire; ma il piroscafo -ossia la Tradotta- salpò la mattina seguente - 23- alle ore 5, scortata da quattro torpediniere, con un mare calmissimo; e approdò a Golfo Aranci alle ore 22- (10 di notte) dopo 17 ore di navigazione continua; lo sbarco però avvenne all'alba del 24, e verso le 10 antimeridiane i soldati tempiesi erano tra le loro famiglie. Alcuni giorni dopo compivano il pellegrinaggio a S. Lucia, al quale molte altre persone, specialmente parenti degli interessati, parteciparono.
L'effettuazione della promessa
Il 4 novembre 1918 l’Austria vinta firmava con l'Italia l'armistizio separato, che presto e inesorabilmente portava alla pace. Il giorno 11 dello stesso mese anche la Germania piegava il capo alla ineluttabilità degli eventi e si arrendeva. Quel giorno aveva completamente fine la guerra, che alla sola Italia era costata più di mezzo milione di morti. Presto cominciarono i congedamenti delle classi più anziane.
Il 18 aprile 1919 tornava in congedo il Tenente Cappellano Canonico Teologo Doranti, il quale, poco tempo dopo, costituito un comitato di reduci-combattenti, che egli presiedeva, e chiesto regolare permesso dalle Autorità di Pubblica Sicurezza, incominciò la raccolta di offerte, specialmente tra ex militari, per l'attuazione del voto, o promessa.
Fu raccolta una discreta somma, che però era troppo esigua per il bisogno. Le gravissime difficoltà del dopoguerra fecero interrompere la questua e quindi la realizzazione del voto era rimandata a tempi migliori. Il materiale da costruzione era salito a prezzi proibitivi, la manodopera - dato il costo della vita- era pure salita di molto; d’altra parte la crisi economica assai aspra e la disoccupazione e la miseria assai accentuate non consentivano di fare nuove questue. Vi furono però molti i quali si offrirono generosamente a dare una, o più giornate di lavoro gratuito.
I denari raccolti furono depositati in un libretto postale in attesa di tempi meno impropizi.
Una nuova spinta efficace
Così rimasero le cose fino al 1926, quando il signor Salvatore Multineddu, che era stato tra quelli, che a Livorno avevano fatto la promessa, ed era rimasto fino a quel tempo fuori del Comitato, decise di mettersi risolutamente al lavoro per il compimento del voto. Con un rinnovamento del Comitato raccolse nuove offerte, le quali, aggiunte alla somma giacente nel libretto postale, permisero almeno di iniziare i lavori, giustamente credendo che il gesto avrebbe provocato entusiasmo e spirito di sacrifizio e sussidii.
Venne un po' allungato l'edificio verso levante, e precisamente dove ora è l'altare, e fu fatto e coperto il tetto.
Dopo ciò nuova sosta: i denari raccolti erano spesi. Però intanto il Canonico Doranti, assistente ecclesiastico del Comitato, aveva provveduto all'acquisto delle tre Statue della =Madonna della Pace= ( che è suo regalo) e di =S. Leonardo di Limoges= (regalo del Rev. Sacerdote Don Giovanni Giua -parroco di San Pasquale-) e di =S.Martino di Tours= (acquistata dal fondo del Comitato). Le statue sono state ordinate presso la Cooperativa del Clero di Siena: ma sono state eseguite a Milano. Artisticamente qualcuna di esse lascia a desiderare: quel S.Leonardo, vissuto nel quinto e sesto secolo, che si presenta vestito con regolare saio francescano, e con cordone francescano, e, come se questo fosse ancor poco, con altrettanto regolare rosario, sette secoli, presso a poco, prima di S.Domenico, è un anacronismo enorme. Comunque sia, i fedeli badano poco alla esattezza storica della riproduzione plastica della figura dei Santi: essi vedono qui tali Santi è ciò basta.
La spinta definitiva
Nell'inverno del 1930, il Multineddu, giustamente seccato dal continuo mormorio della gente, la quale sembrava rimproverare una condotta, che poteva giudicarsi neglittosità, ed era invece più propriamente impotenza, decise di porre fine in qualsiasi maniera ai lavori della chiesa. Dove trovare i mezzi per la continuazione e l'ultimazione? Una trovata eroica del Multineddu risolse il problema. <<Ci quotizzeremo –disse- i membri del Comitato: anticiperemo delle somme, di cui avremo a rifarci, in seguito>>. Approvata la proposta, si pensò a raccogliere dette somme di anticipo. I sacrificii maggiori li ha voluti fare egli stesso, come Presidente del Comitato, che ha anticipato migliaia di lire.
Ripresi i lavori con ardore febbrile, verso la fine di marzo la chiesa si poteva dire quasi finita.
Il Multineddu avrebbe voluto farne l'inaugurazione nel lunedì dopo Pasqua, ossia il 21 aprile, cadendo la Pasqua il 20; ma dovette desistere, perché avrebbe voluto presente il Canonico Doranti, che, predicando la S.Quaresima a Monti, per quel giorno non poteva trovarsi a Tempio. D’altro canto il Canonico Doranti, trattandosi di una chiesa e di una festa della Madonna della pace, avrebbe voluto attendere il mese di maggio, anche perché la stagione poteva essere più propizia per fare accorrere alla festa una folla maggiore di fedeli. Si attese la prima domenica di maggio; non si potè far l'inaugurazione, perché un ritardo inaspettato dell’arrivo del cemento richiesto per il pavimento, là impedì. La seconda domenica non si potè per il tempo cattivo; la terza domenica neppure, perché il Comando locale della milizia fascista pregò di rimandare, dovendo esso eseguire una giornata di manovre di milizia, avanguardisti ecc.
La festa
La quarta domenica -25 maggio- la chiesa fu finalmente inaugurata. Veramente, pure in quella quarta domenica doveva celebrarsi la festa di S.Lucia, rimandata anch'essa dalla terza domenica (come per tradizione si fa) alla quarta per le stesse ragioni delle manovre!! I promotori della festa di S.Lucia avrebbero voluto che l'inaugurazione e la festa della “Madonna della Pace” fossero rimandate, per non sottrarre le folle alla festa della Santa. Il Canonico Doranti fu risoluto: si trattava di inaugurazione di una chiesa della Madonna e della celebrazione di una nuova festa in onore della Madonna stessa; non si doveva assolutamente lasciar passare il mese della Madonna, il mese di maggio – S.Lucia ha ceduto la domenica quinta dopo Pasqua -quarta di maggio- alla Madonna della Pace.
Siccome la Chiesa non disponeva ancora di arredamento proprio, l'altare fu adornato con un arredamento e oggetti della chiesa di S.Giuseppe, di cui hanno la manutenzione e l'incarico della pulizia le sorelle, signorine Maria, Paolina, Agostina Ciboddo furono Raffaele, le quali pure hanno pulito e adornato l'altare della chiesa della Madonna della Pace, colla famiglia Sanna.
Il giorno 25 dunque, alle ore 8 precise dalla piazza della cattedrale è partito il corteo del trasporto delle tre Statue alla chiesa della Madonna della Pace. Procedevano a cavallo il Presidente del Comitato Salvatore Multineddu, recante la Bandiera della Vergine della Pace (Bandiera tricolore italiana, avente nel bianco da un lato l'Immagine della Madonna della Pace col Bambino in braccio, il quale presenta un ramo d'olivo, mentre sotto si svolge un quadro d'attacco a baionetta tra soldati italiani in grigio-verde ed elmo e soldati austriaci; dall'altro lato lo stemma di Tempio) e Domenico Niuzoli, recante la bandiera di S. Martino (quella Bandiera il Niuzoli portò a Tempio la prima volta, in cui venne in licenza dal fronte: l'aveva presa in una chiesa di Sagrado, durante la prima avanzata italiana: altra bandiera analoga regalò alla Cattedrale di Tempio il Capitano Vincenzo Ardu) e un discreto numero di altri uomini, a cavallo tutti. Seguivano tre carri a buoi, uno dietro l'altro, bene adorni di frasche e di fiori, e recanti rispettivamente le statue di S. Leonardo, S. Martino, e Vergine della Pace. Sui carri, attorno alle Statue erano dei paggetti e angioletti -bambini e bambine di tre-quattro anni-. Seguiva una folla enorme, mai vista, impressionante. Le campane della Cattedrale suonarono a festa per un'ora. La banda cittadina si prestò gratuitamente a mettersi in testa per accompagnare il corteo fino a =Funicedda. Il corteo percorre via Tola e via Ferracciu, piazza Gallura e prosegue per il Corso fino alla Stazione, o meglio alla piazza del Caseggiato Scolastico, donde piegando a sinistra e giungendo a Funicedda, continua poi per lo stradale di Terranova fino alla nuova chiesa, dove arriva alle ore 9 e 1/4.
In via Tola, Ferracciu, nel Corso fu un largo gettito di fiori sulle tre Statue, specialmente su quella della Madonna della Pace. Molti erano commossi fino alle lacrime. Subito dopo l'ultima Statua, quella della Madonna, venivano il Canonico Doranti, il Canonico Tomaso Columbano e il Canonico Giò Battista Mura in nigris, i quali recitarono il Ss. Rosario e cantarono le Litanie Lauretane, a cui il popolo rispondeva.
Giunti alla chiesa furon fatti fermare i tre carri sulla piazzetta avanti la porta principale. Il Canonico Doranti delegato del Vescovo Mons. Albino Morera, benedisse la Bandiera della Madonna della Pace, di cui fu padrino l'Avvocato Diego Pinna, valoroso ex combattente, mutilato di guerra (una pallottola di mitragliatrice gli trapassò un polmone: per grazia di Dio però guarì bene) e decorato di medaglia d'argento, e non meno valoroso professionista. Quindi furono benedette le tre Statue e deposte in Chiesa, ciascuna nella propria nicchia, e furono fatti allontanare i carri. La folla avrebbe voluto fare irruzione nella chiesa: non si poteva ancora. Il Can. Doranti, vestito degli appositi paramenti e sempre assistito dai due colleghi Columbano e Mura benedisse l'edificio fuori e dentro, indi celebrò la S. Messa cantata dal popolo è accompagnata da armonium. Mai forse la “Messa de Angelis” si fu cantata con più entusiasmo. Il popolo, che non poteva essere contenuto tutto nella chiesa troppo piccola, si pigiava silenzioso nella piazzetta e accanto alle due porte. Dopo il Vangelo, da un tavolino preparato sulla piazzetta accanto alla porta principale, il Can. Doranti predicò sulla Madonna, e cominciando col narrare la storia, o piuttosto l'occasione in cui era sorta l'idea della ricostruzione della Chiesa. Riportiamo qualche brano.
Il discorso
Esordì esprimendo il più vivo ringraziamento a tutti quelli presenti ed assenti, che in qualche modo avevano cooperato, sia con offerte in denaro, sia con prestazione gratuita di lavoro, alla riedificazione della Chiesa, specialmente quelli che hanno anticipato somme non indifferenti allo scopo di vedere ultimata al più presto la Chiesa stessa; e a tutte quelle altre persone che si adoperavano a procurare l'arredamento necessario. Augurò che la Ss. Vergine a tutti avesse a concedere la ricompensa che meritavano, e la benedizione sua agli interessi dell'anima e del corpo di ciascuno.
E volle pure premettere alcuni avvertimenti, che credette opportuni: 1) Le tre feste restano per ora fissate così: Madonna della Pace, prima domenica di maggio; S. Leonardo, prima domenica d'agosto; S. Martino, l'undici novembre. 2) Non vi deve essere una sola persona la quale, entrando oggi a visitare la Chiesa ed onorare la Vergine della Pace, non getti la sua offerta, per quanto tenue e modesta nella cassetta, appositamente incastrata nella parete. 3) La Chiesa resterà chiusa di notte, aperta di giorno: essa è affidata al senso vigile di educazione civile del popolo tempiese e soprattutto ai suoi vivi sentimenti di Fede. Tutti devono vegliare e prendere interesse, perché essa venga conservata pulita e decente: non deve essere insudiciata da inscrizioni di alcun genere e da sgorbii, nè dalla apposizione di quadri ed ex voto (che non si possono mettere senza il permesso della Autorità Ecclesiastica, come prescrive il Concilio Plenario Sardo). Escludiamo poi assolutamente l'apposizione di braccia, o gambe di legno, o di cera, e di trecce, che costituiscono, oltrechè una indubitabile sconcezza, un pericolo spesso di contagio di certe malattie. E vorremmo anche eliminare l'usanza dell’accensione di candele votive, le quali lasciate a consumarsi insudiciano poi le pareti, il pavimento e l'altare, quando non provocano un incendio, e riducono la Chiesa ad una stalla, come per esempio è la Chiesa di S. Paolo di Monti. Le candele che così troveremo, le ritireremo. Esortiamo invece a versare offerte in denaro nella cassetta, ed aiutarci nei propositi di miglioramento della Chiesa. Le candele sono denaro bruciato, che va in fumo; le offerte giovano e si utilizzano e riescono assai più gradite a Dio, alla Madonna, ai Santi.
<<……Una specie di ritornello liturgico ricorre con qualche frequenza nel ciclo annuale delle feste solenni della Chiesa, specialmente in quella della Madonna (e questa per noi è festa della Vergine… e festa solenne…tanto, quanto solenne e grande ne era l'aspettazione) =Gaudeamus omnes in Domino, diem festam celebrantes= rallegriamoci nel Signore, celebrando questa festa; e rallegriamoci ringraziandolo della gioia che Egli ci ha concesso! Altri esultino pure della distruzione[1] delle chiese e della loro trasformazione (e deformazione) in laide sinagoghe di satana; noi preferiamo rallegrarci riattamento delle chiese abbattute, e della loro restituzione all'onore del culto: oggi abbiamo inaugurato una nuova Chiesa, abbiamo introdotto una festa nuova, abbiamo compiuto una promessa: un voto. La storia è semplice ed umile.
Il 20 aprile 1918 qualche migliaia di soldati sardi si trovavano a Livorno, là convenuti da ogni parte del Fronte: aspettavano la partenza della =Tradotta=, che doveva portarli in questa =Isola bella che il terreno bagna=[2] a godersi la licenza primaverile. Tra essi un buon nucleo di tempiesi, i quali, nell'ozio forzato dell'attesa, trovavano modo di riunirsi discorrere a lungo. E si può pensare quali fossero i temi delle conversazioni: la famiglia, sempre soprappensiero, alla quale anelavano come all'oggetto precipuo dei loro affetti, giustamente; la guerra… che non finiva più (e ognuno aveva da raccontare episodi particolari e casi personali); la pace sospirata ed invocata (e verso la visione soave della pace protendevano lontano lo sguardo dell'anima con voluttà insaziabile). Qualcuno disse: <<Se Dio ci concedere la grazia di farci tornare a casa vivi a sani -a guerra finita- ci adopereremo a riattare la chiesetta diroccata di S. Leonardo>>. <<Bell'idea -aggiunse un altro- e dedicarla alla Vergine della Pace>>. Il consenso naturalmente fu unanime ed entusiastico. Il 20 aprile 1918 dunque segna per noi una data storica, albo signanda lapillo, da scolpire nel marmo (e chi sa che un giorno non abbia ad essere incastrata sulla parete accanto all'altare una lastra di marmo, recante questa data insieme alla data odierna dell'inaugurazione!); quel giorno la chiesetta, virtualmente, poteva già dirsi rimessa su, ed aperta al culto: fu sogno, un dolce sogno, fatto in stato di veglia, che oggi -dopo 12 anni- è divenuto realtà consolante, proprio per iniziativa e impulso di quei soldati, i quali sono tornati tutti -proprio tutti- vivi e sani… e vittoriosi, dopo avere dell’ardua guerra vissuto tutti i disagi molteplici, le ansie e le trepidazioni delle ore buie ed incerte, i profondi scoramenti dei rovesci momentanei e le esplosioni irrefrenabili d'entusiasmo della vittoria finale e dell'armistizio. E siccome sentono che incolumità e vittoria sono grazia ineffabile della Misericordia Divina, al Dio degli eserciti, che stringe nelle sue mani le sorti degli uomini, hanno voluto dimostrare la loro gratitudine, mantenendo l'impegno assunto. Già prima d'ora l'avrebbero mantenuto: le difficoltà dei tempi ne impedirono la realizzazione: oggi però salutiamo lieti il fatto compiuto: compiuto per volontà tenace di combattenti e di popolo, che hanno concorso con spirito di Fede e di sacrificio, che talvolta è sembrato persino eroico. E in seguito ancora concorreranno a dare il loro obolo - abbiamo fiducia. Perché questa vuole essere la prima tappa di un cammino che intendiamo percorrere -se il Signore ci assiste- come speriamo- per la Sua Gloria e della Sua Madre Santissima. Infatti noi intendiamo rendere la Chiesa della Madonna della Pace ben arredata, e sempre più grande e più bella e più attraente e più suggestiva e più circonfusa di poesia.
…. E così S. Leonardo di Limoges -dopo un secolo- è ritornato nella sua Chiesa, rifatta a nuovo; e non in un semplice quadro -come stava alla nell'antica- ma in una statua. Ed è ritornato in compagnia di S. Martino, Vescovo di Tour, taumaturgo e apostolo di una porzione eletta di terra francese. Si è creduto bene di unire la fulgida figura di S. Martino, che fu già combattente delle legioni romane sotto l’imperatore Giuliano, nel 4° secolo, ed è Patrono celeste dei militari: tanto più si è creduto bene, in questa sua festa ricorre in una data indimenticabile, l'11 novembre: giorno in cui nel 1918 si ebbe la vera fine della guerra, con la firma dell'armistizio tra la Germania e l'Intesa, e la cessazione quindi dell'=inutile spargimento di sangue e del lutto dei popoli. S. Martino dunque, il quale ci ricorda l'avvento della pace, sta molto bene, ci sembra, nella Chiesa, che sarà chiamata =Chiesa della Madonna della pace=
E non solo con S. Martino, ma S. Leonardo è tornato anche colla Regina degli Angeli e dei Santi -alla quale nella Chiesa, che fu già sua, ha ceduto volentieri il posto d'onore: la Vergine Santissima, che tutte le genti proclamano beata, che tutte le contrade venerano e invocano Regina di Pace:
<<In che laude selvagge, oltre quai mari,
<<Di si barbaro nome fior si coglie,
<<Che non conosca dei tuoi miti altari
<<Le benedette soglie?>>
Maria!!! delizia e incanto del Paradiso; speranza grande, inconcussa, e porto infallibile di sicurezza per l'umanità; iride di riconciliazione e di pace tra Cielo e terra =Ipsa exine est pax nostra=. Maria!!! Rosa mistica di Gerico, giglio delle valli, fiorellino delicato odoroso del campo; viene tra noi in questo suo mese di maggio, fremente di canti, tra tanta manifestazione di verde, e di fiori, e di vita intensa di natura, esultante tra tanta festa di sorrisi e di speranze! O Madre nostra celeste, resta sempre vicino a noi, e sia da tutti benedetta, amata, invocata. Noi combattenti -in particolare- non cesseremo mai dal proclamare che solo il tuo patrocinio materno ci ha ottenuto da Dio il ritorno nella incolumità: noi non lo sentimmo sul campo di battaglia il fruscio dell’agitarsi del tuo manto, che si stendeva sulle nostre persone a proteggerci, vedemmo la tua mano pietosa, che su di noi si posava a farci scudo nello scrosciare delle granate e degli srapels, nel grandinare imperversante delle pallottole della mitragliatrice, mentre bieca la morte ci volteggiava attorno a ghermirci!!!>>
[A queste rievocazioni di scene e pericoli di guerra molti si commuovono nell'uditorio, e si asciugano le lacrime, soprattutto quelli che ebbero dei figli, o fratelli, morti in guerra. Il Can. Doranti continua supplicando la Ss. Vergine a rimanere sempre vicino ai suoi figli, e la invoca col bel nome di =Regina di Pace. Ciò che lo trascina parlare del dono prezioso che è la pace, sospiro ardente delle anime. E parla di eterni, inconcludenti chiacchieroni, che di recente s’erano radunati a Londra (la Società delle Nazioni) a impostare la pace dei popoli, e che si sono separati con propositi di nuovi ordinamenti (Italia e Francia in specie). E non può essere diversamente, perché…] <<La pace è dono ineffabile di Dio, ed è inutile cercarla lontano da Lui, fuori di Lui, senza di Lui, contro di Lui.[3] Ah! Se noi potessimo trascinare le moltitudini agli altari di Maria, Regina di Pace, Madre di Colui che dai profeti fu annunziato -ed è- il “Principe della Pace”; noi faremmo -per assicurare la pace nel mondo- molto, ma molto di più di tutti i diplomatici, che si radunano a Londra, a Ginevra, a l'Aia, o a Pechino, o in capo al mondo. La pace sarà assicurata quando la società tornerà sul serio a Dio, e si rifugerà presso gli altari di Maria e farà ricorso pentita davvero alla sua potentissima intercessione.
Abbiamo voluto mettere l'Immagine della Vergine della Pace nel tricolore d'Italia -e proprio sul bianco, che simboleggia la Fede del popolo italiano- come atto di consacrazione dell'Italia stessa a Maria, Regina di Pace, e come supplica, perché Essa continui ad amarla, come chiaramente dimostra di amarla di un amore particolare: lo affermano cantano i magnifici Santuari, che si innalzano in suo onore in ogni lembo d'Italia: da Torino coi Santuari della Consolata e di Maria Ausiliatrice, a Genova con quello della Guardia; da Brescia con N. Signora delle Grazie, a Livorno con quello di Montenero; da Cagliari col Santuario di Bonaria, a Pompei presso Napoli ed a Loreto nelle Marche, dove Maria, miracolosamente, sulle ali degli Angeli, volle trapiantare la sua umile casetta di Nazareth. Maria ama e protegge l'Italia, senza dubbio: un Papa sapientissimo, Leone XIII, latinista e poeta squisitamente classico, volle dettare l'epigrafe, che fu scolpita alla base dell'enorme statua di marmo, innalzata all'Immacolata, tra candide nevi eterne, sul Rocciamelone, al confine francese della Patria, e portata lassù dalle robuste spalle dei nostri soldati alpini nel 1899: =Italia sacros, Virgo, tuere fines= Difendili tu -o Vergine- i sacri confini della Patria italiana.
Il successore, il santo Pio X volle benedire in persona un'altra statua di Maria, innalzata sul Grappa, pure a difesa del confine. Potè il cannone austriaco abbatterla e frantumarla, ma non poté infrangere la potenza di Maria, la quale proprio su quel monte arrestò invece e infranse la baldanza del nemico. A guerra finita una nuova statua Le fu innalzata sul Grappa, in sostituzione dell'antica, ed un'altra ancora sul Brennero, dove le armi vittoriose della Patria hanno portato i nuovi confini d'Italia. Il motto degli alpini: =Di qui non si passa!= è divenuto più propriamente il motto della Regina del Cielo, protettrice e difesa dell'Italia =Di qui non si passa=.
Ed io ho fede che Maria sarà pure, in particolare, la protezione e la difesa della nostra città.>>
[-Qui il Can. Doranti ricorda che Pio IX, allarmato dai progressi spaventosi che l'eresia dell'Europa centrale stava facendo, e della gravissima minaccia che sovrastava alle nazioni latine, cattoliche, pronunciò queste parole -e mantenne la promessa e raggiunse lo scopo- =Formerò un triangolo di fortezze contro l'invadenza dell'errore, e ne affiderò la difesa alla Vergine Immaculata, vincitrice di tutte le eresie: fonderò una Università Cattolica a Friburgo, nel cuore della Svizzera calvinista; metterò un Vescovo a Berlino, nel cuore della Germania luterana; ristabilirò la gerarchia cattolica nella Gran Bretagna, mettendo anche un Cardinale a Londra, nel cuore dell'Inghilterra anglicana.]
… <<se fosse lecito paragonare le cose grandi con le piccole, vorrei dire che oggi noi abbiamo ultimato la costruzione di un triangolo inespugnabile, che la Fede che dei nostri padri incominciò attorno alla Città di Tempio: i suoi tre vertici sono la Chiesa dell'Immacolata Concezione, quella della Madonna di Buon Cammino, e questa della Madonna della Pace. Il campo trincerato è sotto la tutela di Maria =Terribilis ut castrorum acies ordinata= Tempio sarà la Città di Maria. Quale gloria e quale dono per noi l'essere i prediletti di Maria! E quale argomento di speranza di avere le sue grazie abbondanti!!
Prima che si iniziassero i lavori di restauro della Chiesetta, si poteva vedere un enorme fosso ai piedi dell'antico altare. Chi l'aveva scavato? E chi lo sa? Evidentemente l'avidità di qualche semplicione, corto, assai il corto di spirito, che doveva credere di certo di trovarvi nascosti dei tesori, che però non trovò, naturalmente. Ma i tesori oggi li abbiamo portati noi in questa Chiesa, e non tesori materiali e transeunti, ma spirituali e duraturi e ben più preziosi: tesori di grazie, di pace, di misericordia: abbiamo portato Maria, dispensatrice inesauribile di tesori celesti. Essa ci invita ad andare a Lei, a cercarla per avere vita e salute <<Qui me invenerit, inveniet vitam et aceriet salutem a Domino>> Ah! Quando passerete per questo viottolo, non lasciate mai - ve ne supplico - di rivolgerle un saluto alla vostra Mamma celeste, di entrare in Chiesa a recitare almeno un'Ave Maria!
Finisco con una facile profezia: la Chiesetta diventerà meta di continui pellegrinaggi: il suo titolo di Chiesa della Vergine della Pace è una promessa consolante. E quando in un avvenire - che auguriamo e supplichiamo lontano, assai lontano - fosche nubi sinistre appariranno sull'orizzonte d'Italia, minaccianti il ciclone di una guerra, allora qui “ai supplicati altari” verranno a rifugiarsi le moltitudini trepide, smarrite, piangenti: verranno a cercare e chiedere protezione, misericordia, scampo; alla tua Chiesetta, ai piedi del tuo trono di gloria e di clemenza, o Maria, Rifugio dei peccatori, Consolatrice degli afflitti, Regina di Pace. E tu, o Madre divina, consolerai quelle moltitudini, e ne esaudirai le suppliche. E intanto oggi stesso, prendendo possesso della tua Chiesa, Virgo dux Pacis - Vergine apportatrice di Pace - donaci pace duratura = Funda nos in pace = dona pace alle coscienze dei singoli, pace alle famiglie travagliate dal demone della discordia, pace alle nazioni tiranneggiate, e in preda a lotte sanguinose, pace a tutto il genere umano, e la pace terrena sia dolce presagio e caparra della pace senza fine nella patria del Cielo>>
Finita la predica, ascoltata nel massimo, religioso silenzio, e salutata da applausi, sfuggiti al popolo, che trovandosi all'aperto, per un momento si dimenticò di essere come in Chiesa, il Can. Doranti continuò la Messa cantata, dopo la quale, la folla, che non sapeva decidersi ad uscire, cantò a lungo le lodi della Madonna: Lodate Maria - Salve Regina - le Litanie Lauretane ecc. Così fino quasi a mezzogiorno.
Il pranzo
E perché no? Anche di questo vogliamo resti memoria. Il signor Salvatore Multineddu, considerato a ragione pars magna e re della festa, a cui si augura che la Vergine Ss. della Pace, conceda ogni bene, cemento di Fede e vita cristiana e benedizioni abbondanti per le persone care tutte e per gli interessi loro dell'anima del corpo; il sig. Multineddu, dico, il quale tiene in affitto la tenuta, denominata “Parapinta” di proprietà dell'Avvocato Alfredo Graziani, altro valoroso combattente, mutilato e decorato, tenuta situata a pochi passi dalla Chiesetta; preparò un pranzo davvero principesco, degno del suo gran cuore generoso, un pranzo, che si sarebbe tentati, per il suo sfarzo, di chiamare luculliano, se non fosse stato rivestito da un carattere di schiettissimo spirito cristiano. Nessun disordine, nessuna intemperanza, nel bere, o nel mangiare. Oltre alla famiglia del Multineddu, molti parenti ed estranei vi parteciparono, tra cui i tre suddetti Canonici. Il pranzo si svolgeva all'aperto, sull'erba di un prato, mentre la folla, che aveva avuto libero l'accesso nel sughereto della tenuta sunnominata, sotto gli alberi fronzuti, radunandosi a gruppi, per famiglie, od amicizie, faceva altrettanto. Il pranzo al sig. Multineddu deve essere costato una ingente somma, perché di esso ebbero parte moltissimi tra coloro che si erano ritirati a prendere la refezione per conto proprio nelle campagne adiacenti.
S’era appena cominciato il pranzo, quando cominciò pure una dolcissima, soavissima, e abbondantissima pioggia, che era tanto desiderata ed invocata, e che continuò per tutto il pomeriggio, ristorando le campagne. Per tutto il mattino il tempo s'era mantenuto nuvolo, minaccioso. La Madonna lasciò che le funzioni si svolgessero senza il disturbo della pioggia - per quanto benefica - e poi concesse quella benedizione. L’agape ebbe la continuazione entro le case del cascinale =Graziani=.
Al vespro solenne
Verso le ore quattro pomeridiane, il Can. Doranti, coll'aiuto dei due colleghi e di altri cantori laici, cantò il Vespro solenne, finito col canto delle Litanie e con un Responsorio dei morti, in suffragio dei caduti in guerra. La folla gremì nuovamente la Chiesa; ma la maggior parte dei fedeli rimase stipata nella piazzetta, sotto i paracqua aperti, partecipando però alla funzione.
Indi ancora il popolo continuò a cantare le lodi della Vergine fino a sera, tornando in città sotto la pioggia. Così ebbe fine quella giornata indimenticabile!
Altre notizie
I muratori che ebbero la parte più importante nei lavori di riattamento della Chiesa furono:
Dettori Nicolò -detto Cucciari e Spano Vittorio –detto Carracciolu.
Il Canonico Lorenzo Mundula la regalò alla Chiesa un messale usato ed un Calice usato con Patena (1930)
Il Canonico Teol. Francesco Doranti sei candelieri grandi in metallo dell'altare colla relativa Croce. (1930)
Altre persone regalarono tovaglie per altare. (1930)
Il Comitato per le chiese povere del Vaticano a nome del Papa ha regalato una bella pianeta bianca con un po' di biancheria per la Messa. (Marzo 1931)
Il falegname Piras Diego un tavolino (agosto 1931)
[1] L’allusione, da tutti capita perfettamente, alla recente trasformazione della Chiesa del Carmine, della antico convento degli Scolopii, in teatro.
[2] E’ un verso dell’inno della sarda, eroica = Brigata Sassari =
[3] Allusione alla settaria esclusione del Papa dalla Società delle Nazioni.